mercoledì 5 gennaio 2011

Mirko e Taro...

In questi ultimi giorni sono morti Mirko Levakrom kalderash di Marghera, l’ultimo rom  sopravvissuto ad Auschwitz, e Amilcare Debar, detto «Taro», sinto piemontesestaffetta e partigiano combattente (col nome di «Corsaro») nella 48˚ Brigata Garibaldi « Dante Di Nanni», comandata da Napoleone Colajanni, «Barbato». È stato ferito nella battaglia delle Langhe. Nel dopoguerra è stato rappresentante del suo popolo alle Nazioni Unite a Ginevra; ha ricevuto il diploma di partigiano combattente dalle mani del Presidente Sandro PertiniQueste due figure fanno parte della storia dimenticata di rom e sinti nel nostro Paese. Mirko Levak testimonia lo sterminio programmato dai nazisti per il popolo zigano sulla stessa base dello sterminio degli ebrei: il genocidio etnico, sterminare una razza impura. Due parole, l’Olocausto per gli ebrei, il Porrajmos per i rom e i sinti, indicano lo stesso destino ma non hanno lo stesso riconoscimento e lo stessa significato nella coscienza collettiva.  Il popolo rom e sinto ha subito nei secoli discriminazioni e persecuzioni come è accaduto agli ebrei e insieme hanno condiviso lo stesso destino nelle camere a gas e nei forni crematori di  Auschwitz. Ma ancora oggi mentre la parola «Olocausto » esprime la colpa collettiva nei confronti di tutto il popolo ebreo, «Porrajmos» è una parola sconosciuta ai più, esattamente  come lo è lo sterminio razziale degli “zingari”. Amilcare Debar, come il romistriano Giuseppe Levakovic, che combatté nella «Osoppo», Rubino Bonora, partigiano della Divisione «Nannetti» in FriuliWalter Catterfucilato Vicenza l’11 novembre 1944, suo cugino ventenne Giuseppe Catterfucilato dai brigatisti  neri nell’Imperiese, testimonia la partecipazione di rom e sinti italiani alla guerra di  liberazione dai nazifascisti.  Il silenzio che circonda queste storie, anche nelle ricorrenze ufficiali come la giornata della Memoria e il XXV Aprile, non solo segna il destino di marginalità che viene assegnato al popolo rom,ma indirettamente contribuisce alla sua emarginazione sociale, alla costante discriminazione nei suoi confronti e al ruolo di capro espiatorio per chi fa la propria fortuna elettorale sulla caccia allo zingaroPer queste ragioni, se la memoria della nostra storia ci aiuta a essere orgogliosi della nostra identità troppo spesso negata, vogliamo che questamemoria sia occasione e motivo perrestituirci la dignità che ancora oggi ci viene negata nel paese dove sono vissuti e morti uomini come Mirko e Amilcare.

Dijana Pavlovic -

 Attrice Rom e Mediatrice culturale

Articolo pubblicato sul quotidiano "l’Unità" in data 15 Dicembre 2010

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