sabato 16 ottobre 2010

Milano... piazzale Maciachini

Milano, ore 23.00, piazzale Maciachini: nel chiaroscuro della periferia nord, illuminato dalle insegne di bar e ristoranti di questo quartiere multietnico si fa avanti una strana processione: un uomo con un fazzoletto al collo, un gerarca con la camicia nera, una contadina che distribuisce girasoli. Tra loro,al centro una papessa che procede fiera e benedicente fra le fiaccole. Dietro di loro alcune centinaia di persone che improvvisavano un corteo battendo coperchi di pentole e fischiano. Non è una visione onirica ma quanto è successo venerdì primo 1 ottobre 2010: una manifestazione di cui nessuno ha parlato. Non una riga sui giornali, non una parola in radio e tv. Motivo del corteo notturno, cui hanno preso parte associazioni, cittadini, centri sociali, la decisione di imporre anche in zona Maciachini-Imbonati l’ordinanza che impone la chiusura anticipata di locali e pubblici esercizi. Quello che in gergo ormai è chiamato “il coprifuoco”. La parola, spulciando sui dizionari, indica un ordine imposto solitamente dalle autorità statali e/o militari a tutti i civili e a tutti coloro che non hanno un determinato permesso rilasciato dalle autorità, consistente nell'obbligo di restare nelle proprie abitazioni durante le ore notturne, eventualmente anche spegnendo ogni tipo di luce. Un ordine che richiama la guerra, ai vecchi, e che oggi viene impartito dalla sindaca Letizia Moratti per “contrastare il degrado e garantire sicurezza” e fatto eseguire dal vice-sceriffo, pardon vicesindaco Riccardo De Corato in alcune zone della città: Corvetto, Maciachini, Imbonati, via Padova e Paolo Sarpi. Guarda caso tutte zone ad alto tasso di popolazione immigrata che lì risiede e lavora magari proprio nei ristoranti e nei kebab che il comune vuol far chiudere a mezzanotte. Perché a Milano, nel 2010 c’è l’emergenza sicurezza e bisogna restare murati in casa, spegnere le luci e magari accendere la televisione. Milano, che si vanta di essere riuscita a farsi nominare sede dell’Expo e vuole competere con le capitali europee, quelle vere come Londra-Parigi-Berlino  per intenderci, è un posto dove, secondo chi la governa, bisogna stare svegli e fare tardi sui Navigli o in corso Como, mente nelle periferie,  nei posti pieni di profumi, sapori e colori che vengono da tutto il mondo no: luci spente e tutti zitti, che con una città deserta (e priva di forme di socialità popolare),  i maniaci e i delinquenti hanno paura anche loro e se ne stanno rintanati nelle loro abitazioni. Oppure si annoiano troppo: aggredire qualcuno in una zona buia e senza che ci sia in giro un’anima cui la vittima potrebbe chiedere aiuto è troppo facile, manca il brivido dell’imprevisto.  In nome della sicurezza in questa povera Milano si compiono i peggiori atti di razzismo ormai nemmeno tanto mascherato, basti pensare alla questione dei campi Rom e delle 11 case Aler da assegnare ad alcune famiglie di Triboniano, un impegno sottoscritto e poi stracciato dal Comune dopo il divieto del ministro dell’Interno Roberto Maroni di assegnare le abitazioni popolari ai Rom. Ormai dal 2007 a oggi gli sgomberi dei campi a Milano e zone limitrofe sono stati circa 300, con interventi condotti anche in pieno inverno, come  avvenuto nel novembre 2009 con lo sgombero dell’area ex Enel di via Rubattino a Milano. Le famiglie, già cacciate dal ponte Bacula, dalla Bovisasca, dalla cascina Bareggiate di Pioltello furono buttate giù dal letto dagli agenti di polizia, carabinieri e polizia locale in tenuta antisommossa e hanno dovuto lasciare le loro baracche, in un clima ormai invernale e senza alcuna soluzione alternativa. Solo l’intervento di associazioni e cittadini della zona evitò ai tempi l’interruzione dell’esperienza scolastica dei bambini del campo, che poche settimane fa è stato sgomberato lasciando per l’ennesima volta 200 persone senza un tetto, a vagare in cerca dell’ennesimo posto di fortuna in cui stare. Il quadro di questa città è dipinto dunque a tinte fosche, tra campagne stampa da parte di alcuni giornali che fanno credere all’opinione pubblica di essere in balia di orde di immigrati, preferibilmente zingari e musulmani, colpevoli di tutti i mali, e politici che alle parole del Cardinale di Milano che invita il comune a rispettare gli impegni presi sulla vicenda delle case Aler da assegnare ai Rom rispondono “che se li prendesse la Curia”. Una risposta da bar dello sport, non certo da Vicesindaco di una metropoli di un milione e mezzo di abitanti.
Il problema forse è che chi governa questa città è ignorante, nel senso che ignora come si viva altrove. Consigliamo a Letizia Moratti e alla maggioranza di spendere un po’ di soldi (tanto ormai…) e fare un viaggio di lavoro a New York, una città aperta 24 ore su 24. Magari gli piace. E decidono di mollare tutto e non tornare più…


Antonella Barranca

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